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CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO

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Consulta l'archivio degli studi elaborati dalle Commissioni di studio, approvati dal Consiglio Nazionale del Notariato e ritenuti di interesse generale.

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Studio n. 44-2023/C COMUNIONE DE RESIDUO. STUDIO SISTEMATICO DOPO LE SSUU 15889/2022

Autore:

Fulvio Mecenate

14/05/2024

I – Secondo la sentenza della Cassazione civile, Sez. Un., 17 maggio 2022, n. 15889, la comunione de residuo ex art. 178 c.c. non è fonte di acquisto di una contitolarità reale, ma soltanto di diritti di credito. La sentenza è condivisibile, ma ha il difetto di non approfondire gli aspetti sistematici, limitandosi all’«adducere inconveniens».

II – L’alternativa tra contitolarità reale e mero diritto di credito, oltre a dividere la dottrina e la giurisprudenza, è avvalorata dalla comparazione storica e giuridica: entrambi i sistemi sono presenti e autorevolmente rappresentati.

III – La comunione de residuo, a dispetto del nome iuris, è un regime separatista, in cui un coniuge è titolare del bene «proprio» e può amministrarlo e disporne liberamente fino al termine del regime. Un’importante differenza tra i beni «personali» ex art. 179 e quelli «propri» ex art. 177 b/c consiste nella tendenziale caduta in comunione del reinvestimento. Ma la tendenziale caduta in comunione immediata del reinvestimento non riguarda i beni «propri» ex art. 178 c.c.

IV- La comunione residuale è prevista da due articoli: l’art. 177 lett. b) e c), e 178. La sentenza si occupa solo di quest’ultimo. I due articoli sono diversi tra loro: divergono la lettera della legge, la collocazione (riconducibile alla ratio legis) e la disciplina stessa: la tendenziale «comunitarizzazione» del reinvestimento senza possibilità di esclusione ex art. 179, che riguarda solo i beni ex art. 177 b/c. Ma soprattutto, sono diversi i beni considerati: cose determinate nel caso dell’art. 177; «entità contabili» nel caso dell’art. 178. La comunione de residuo si concretizza dunque in due situazioni giuridiche diverse: contitolarità reale, nelle fattispecie di cui all’art. 177 b)-c); credito perequativo («more germanico»), nella fattispecie di cui all’art. 178.

V – Il sistema della comunione de residuo appare dunque (almeno) «dualistico». La natura del bene (azienda, personale e cogestita) porta ad includere anche l’art. 177 co. 2 nel sistema «creditorio». Sempre sulla base del regime giuridico dei singoli tipi di bene, la contitolarità reale ex art. 177 b) – c), per i beni immobili o mobili registrati, degrada a diritto di credito ad rem, cioè diritto ad avere la [metà della] cosa tramite atto di ritrasferimento, analogamente alla situazione ex art. 1706 c.c. Il sistema, dunque, è in realtà «trialistico».

VI e VII – Considerazioni sistematiche avvalorano le conclusioni: per i beni mobili percepiti ex art. 177 b/c, negare l’instaurarsi della comunione reale e sostenere la tesi della nascita di un credito-ad-avere-la-cosa (per la metà), significa introdurre un’obbligazione di dare (la quota) in senso romanistico, cui dovrebbe far seguito un atto (astratto) di ritrasferimento, o almeno un «adempimento traslativo»; riportando indietro di secoli la storia del nostro diritto civile.

Per i beni immobili (o mobili reg.) l’art. 1706 c.c. dimostra invece che l’ordinamento ha optato per l’adempimento traslativo (cosa che non costituisce un intralcio alla circolazione od una fonte di incertezza).

Per il denaro trasformato in credito verso le Banche, infine, l’antichissimo principio (D., XLVI, 3, 78) della consumptio nummorum, tuttora vigente, fa sì che esso non cada in comunione, ma sia oggetto di un mero diritto di credito proporzionale a favore del coniuge non-percettore.

VIII – La comunione de residuo, così delineata, sembra appiattire i casi veramente rilevanti (aziende e liquidità in banca) sull’ipotesi del credito «perequativo» spettante al coniuge non percettore. In realtà restano le differenze di disciplina, che riemergono subito, lì dove la natura del bene cessi di imporre il suo regime (per es., il denaro riversato in banca soggiace alla comunitarizzazione del reinvestimento come tutti i beni ex art. 177 b/c; e si differenzia quindi dal credito ex art. 178). E soprattutto resta la ricchezza e la pluralità del sistema che, anche alla luce degli spazi «convenzionali» lasciati ai partners, è di supporto, giuridico teorico e culturale, alle soluzioni pratiche la comunione de residuo può offrire, esaminate in un prossimo Studio.

Studio n.2-2024/CTS LE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE CON PERSONALITÀ GIURIDICA E IL NUOVO RASD

Autore:

Daniela Boggiali

14/05/2024

Si esamina il procedimento di acquisto della personalità giuridica delle ASD mediante iscrizione al
nuovo Registro delle attività sportive dilettantistiche. In particolare, si approfondisce l’insieme dei
controlli e adempimenti cui è tenuto il notaio sia nell’ipotesi di iscrizione di enti di nuova
costituzione o preesistenti ma privi di personalità giuridica, sia in caso di iscrizione di associazioni
già in precedenza iscritte nel registro delle persone giuridiche o nel RUNTS. Viene, poi, analizzato il
procedimento di iscrizione delle modifiche statutarie delle ASD con personalità giuridica. Infine, si
individua la disciplina applicabile in caso di associazione non riconosciuta iscritta al RASD che
intenda acquistare la personalità giuridica mediante iscrizione nel registro delle persone giuridiche
o nel RUNTS.

Studio n. 5/2023M Il regime fiscale dell’accordo di conciliazione e le novità della Riforma Cartabia

Autore:

Annarita Lomonaco

24/04/2024

Lo studio approfondisce il tema delle agevolazioni fiscali previste per l’accordo di conciliazione alla luce anche delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia. L’esame delle disposizioni di cui all’art. 17, commi 1 e 2, d.lgs. n. 28/2010 è affrontato inquadrando l’accordo di conciliazione quale esito positivo della mediazione nell’ambito del sistema dell’imposta di registro, prestando particolare attenzione alle ipotesi in cui l’accordo assume forma notarile secondo i principi generali che presidiano il nostro ordinamento giuridico. E a prescindere dalla tecnica redazionale adottata, nel definire l’ambito applicativo delle agevolazioni si ritiene che si debba avere riguardo alla composizione negoziale voluta dalle parti della mediazione, tenendosi conto che la volontà negoziale può necessitare per la sua attuazione di più atti consequenziali e direttamente funzionali alla mediazione stessa (pur se successivi alla chiusura del procedimento), perciò riconducibili all’art. 17 commi 1 e 2 D.lgs. n. 28/2010.

Studio n.100-2023/I SOSPENSIONE DEGLI OBBLIGHI DI RIDUZIONE DEL CAPITALE E DELLE CAUSE DI SCIOGLIMENTO NEL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA

Autore:

Francesco Paolo Petrera

17/04/2024

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza prevede la sospensione degli obblighi di riduzione del capitale per perdite e dell’operatività della relativa causa di scioglimento in tre diverse disposizioni.

Indipendentemente dai differenti presupposti è comune alle singole previsioni la finalità, già a base dell’art.182 sexies della legge fallimentare, di consentire l’accesso a tali procedure anche a società con perdite rilevanti e senza procedere ad operazioni di ricapitalizzazione; tanto nel presupposto che il controllo giudiziario possa garantire i creditori più di quanto possa farlo il capitale sociale.

Le diverse disposizioni, in ogni caso, non sospendono gli obblighi di natura informativa previsti nel codice civile.

Diversi sono, tuttavia, i presupposti che determinano l’operatività del sistema predisposto dal legislatore e così, in mancanza di orientamenti giurisprudenziali consolidati, si deve valutare se la sospensione degli obblighi, nel caso degli accordi di ristrutturazione e del concordato preventivo, operi, o meno, automaticamente, come il dato positivo parrebbe consentire di ritenere.

Connessa a tale problematica è quella, forse più rilevante per i suoi risvolti applicativi, di valutare se, come pure da taluni sostenuto, anche in tali ultime fattispecie, si possano operare, su basi volontarie, operazioni di ripianamento perdite dopo che sia stata presentata la domanda di accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi.

Ogni considerazione, infatti, deve tenere in debito conto lo spostamento di competenze che deriva dall’art.120 bis del Codice.

La tematica, che pure induce a valutare i rapporti con le domande c.d. “prenotative” o “con riserva”, appare strettamente connessa con quella, estremamente delicata, dei diritti e delle tutele dei soci in caso di accesso a tali strumenti. 

Sommario: 1. Premessa. 2. Le precedenti disposizioni dal contenuto analogo. 3. Analisi delle diverse fattispecie e loro breve inquadramento sistematico. 4. L’art. 20: la composizione negoziale della crisi. 5. L’art. 64: gli accordi di ristrutturazione. 6. L’art.89: il concordato preventivo.

Studio n.41-2024/I LA NUOVA FIGURA DEL RAPPRESENTANTE DESIGNATO OBBLIGATORIO NELLA LEGGE CAPITALI: PRIMI PROBLEMI INTERPRETATIVI

Autore:

Nicola Atlante e Giuseppe Ferri jr

09/04/2024

Lo studio affronta alcuni primi problemi applicativi originati dall’introduzione dell’art. 135 undecies.1 T.u.f., ad opera dell’art. 11 della legge 5 marzo 2024, n. 21. Si risolve preliminarmente in senso positivo la questione della compatibilità con la disciplina dettata dalla Direttiva 2017/828/UE (art. 3 quater – Direttiva sugli Shareholders Rights).

Si sottolinea che la modificazione statutaria volta ad inserire la previsione che impone il ricorso al rappresentato designato dalla società rappresenta un adeguamento solo facoltativo dello statuto a disposizione normativa sopravvenuta e rientra pertanto nella competenza esclusiva dell’assemblea straordinaria. Si esaminano alcuni possibili concreti contenuti della clausola in esame. Si conclude nel senso che la sua introduzione non legittima il diritto di recesso dei soci assenti o dissenzienti.

Studio n.40-2024/I LA NUOVA DISCIPLINA DEL VOTO PLURIMO E DEL VOTO MAGGIORATO NELLA LEGGE A SOSTEGNO DELLA COMPETITIVITÀ DEI CAPITALI

Autore:

Federico Magliulo

09/04/2024

La legge 5 marzo 2024 n. 21, recante interventi a sostegno della competitività dei capitali, ha apportato modifiche alla disciplina del voto plurimo nelle società per azioni di cui all’art. 2351 c.c. nonché alla disciplina del voto maggiorato nelle società quotate di cui all’art. 127-quinquies del D. Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58.

Si tratta del punto di approdo di un tormentato processo normativo diretto a sostenere la competitività dei capitali, che aveva già condotto il legislatore ad introdurre nel sistema positivo, con il D.L.  24 giugno 2014 n. 91, convertito nella L. 11 agosto 2014 n. 116, il voto plurimo, un tempo vietato nell’originario testo dell’art. 2351 c.c., nonché le azioni a voto maggiorato nelle società quotate.

E tuttavia la minore flessibilità del nostro ordinamento rispetto a quella di altri paesi ha ora indotto il legislatore italiano ad ampliare la portata del voto plurimo e del voto maggiorato fino ad un massimo di dieci voti per azione.

Tale intervento normativo costituisce l’occasione, non solo per analizzare le innovazioni introdotte nel sistema, ma anche per fare il punto sulla disciplina vigente del voto plurimo e del voto maggiorato.

Studio n.43-2024/I LISTA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE E AUTONOMIA STATUTARIA: PRIME RIFLESSIONI

Autore:

di Mario Stella Richter jr

09/04/2024

Lo studio raccoglie alcune riflessioni sull’art. 12 della legge 5 marzo 2024, n. 21, norma dedicata alla disciplina della presentazione da parte del «consiglio di amministrazione uscente» di una lista di candidati alla carica di amministratori. Con tale disposizione si è, anzitutto, introdotto nel T.U.F. un nuovo art. 147-ter.1, che pone delicati problemi interpretativi e aumenta considerevolmente il grado di complessità (e complicazione) dello “statuto” speciale delle società italiane quotate.

Le riflessioni sono prevalentemente, anche se non esclusivamente, incentrate sul rapporto tra la nuova disposizione normativa in tema di «Lista del consiglio di amministrazione nelle società per azioni quotate» e il residuo spazio ancora lasciato all’autonomia statutaria in materia di selezione, composizione e nomina dell’organo amministrativo di una società quotata.

Studio n.42-2024/I LA DEMATERIALIZZAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI DI SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA (ART. 3 L. 21/2024)

Autore:

Marco Cian

09/04/2024

La l. 21/2024 prevede la possibilità di dematerializzare le quote di s.r.l. PMI che presentino eguale valore e attribuiscano eguali diritti (quote standardizzate), assoggettandole integralmente, in tal caso, al regime degli strumenti finanziari emessi in forma scritturale. Lo studio analizza la portata della novella, sia sotto il profilo sistematico, in relazione al perdurante divieto di rappresentazione delle quote in azioni (art. 2468 c.c.), sia nella declinazione disciplinare dell’istituto, con riferimento alle fasi dell’emissione e della circolazione delle quote e all’esercizio dei diritti sociali, in connessione con la reintroduzione del libro soci.