Un ventenne di oggi acquisterà, nell’arco della sua vita, libri musica e film per lo più in formato digitale. I suoi figli avranno i suoi libri e la sua musica, così come noi abbiamo libri e dischi dei nostri genitori? E’ oggi comune intrattenere rapporti bancari esclusivamente via Rete: in caso di scomparsa improvvisa, gli eredi, se non hanno accesso alla posta elettronica del defunto, potrebbero ignorare del tutto l’esistenza del conto. Casi simili cominciano a far capolino negli studi dei notai italiani, ed hanno una valenza non solo patrimoniale, ma anche umana e di costume.
A complicare il quadro giuridico contribuisce il fatto che i principali operatori di servizi Internet hanno il loro quartier generale negli USA, e le loro condizioni d’uso, che l’utente accetta, rinviano quasi sempre ad una legge e ad un Tribunale straniero: in genere la normativa californiana e la giurisdizione delle corti di Santa Clara, nella Silicon Valley. La rigidità di tale pratica si sta probabilmente attenuando, ma resta un fatto: la natura transazionale della Rete rende velleitario ogni tentativo di imporre normative a livello nazionale. Il ritornello più comune in casi come questo, serve una nuova legge, non appare qui per nulla appropriato.
Il Notariato italiano, che si occupa della questione da diversi anni (le prime istruzioni in materia diramate ai notai italiani risalgono al 2007) ha avviato un tavolo di lavoro con Microsoft e Google al fine di sviluppare un protocollo che consenta a chi vive in Italia di risolvere problemi di eredità digitale interagendo in modo semplice e non troppo costoso con gli operatori della Rete. La soluzione italiana potrebbe altresì rappresentare un caso pilota a livello europeo.
Studio n. 6-2007/IG – Password, credenziali e successione mortis causa